La vendetta “sotterranea”, un’arma potente che rischia di ucciderci

Non avevo mai riflettuto su quanto la vendetta sia dannosa per la nostra vita. Eh sì, perché lo so che adesso penserete alla vendetta quella classica, da cliché, persino un po’ banale, che dà più gusto se si consuma quando è fredda, e roba simile. Ma non sto affatto parlando di quella, sennò era troppo facile… E a me piacciono le cose facili? Ma quando mai!

Mi riferisco alla vendetta “sotterranea”, così mi piace chiamarla, perché è maledettamente invisibile, viaggia nei cuniculi del nostro inconscio nel più totale silenzio, ma vi assicuro che viaggia velocemente. E volete sapere che succede quando la nostra vendetta viaggia come fosse un ratto districandosi con grande maestria tra i meandri sommersi della nostra mente? Che ci manda all’aria la vita, semplice no?! Mi spiego meglio.

La vendetta è quella reazione ganza (per dirla alla Toscana, tanto mi capite lo stesso!) – perché lì per lì ci pare ganza -, con la quale tu dici: “Oh vai, ora sì che ho pareggiato il conto!”. Attraverso di lei ci sembra infatti di poter riscattare quel torto subito, di restituire pan per focaccia (giusto per capirci) a chi ci ha fatto del male. Perché il primo punto della vendetta è che è sempre verso qualcuno o qualcosa fatto da qualcuno. E quindi, da un lato, presuppone che ci sia un colpevole, uno brutto e cattivo (metaforicamente parlando, s’intende!) che ha colpa e, dall’altro, ci siamo noi che abbiamo parecchia ma parecchia ragione.

Schema base, situazione tipo. Però così mi sembrava troppo semplice, la nostra mente ha una miriade di angoli oscuri, se ci fermiamo alla prima risposta forse non stiamo cercando abbastanza o non lo stiamo facendo nel modo giusto. E alla domanda se la vendetta fosse solo questo, mi è venuto naturale cercare altrove. Ma dove? Eh, non è facile, soprattutto perché, per nostra natura, quando cerchiamo dentro di noi siamo portati a vedere solo quello che ci piace o che già abbiamo convenzionalmente accettato, sul resto, su tutto quel sommerso che c’è, ci muoviamo malissimo. Per fortuna abbiamo un’ottima risorsa: parlare con gli altri. Sì, perché gli altri (in questo come in molti altri casi) sono uno specchio fantastico, non direi proprio delle nostre brame il più delle volte, ma di sicuro ci mostrano bene lati di noi che non conosciamo o conosciamo poco.

E parlando, durante una comune conversazione, mi si è accesa una lampadina: e se per vendicarci addirittura arrivassimo a sabotare aspetti importanti della nostra vita perché, inconsciamente, ci sembra il miglior modo per far del male all’altro, senza farsene accorgere? Interessante, non vi pare?! Arrivare (lo ripeto, inconsciamente, roba di cui consapevolezza non se ne ha, sennò di certo non lo faremmo!) a rinunciare a obiettivi bellissimi ed importanti per noi e per la nostra vita (un nuovo amore, un viaggio, un matrimonio, un figlio, ecc…), solo per evitare di dare una gioia a chi ci ha fatto del male? Sì perché può capitare di essere ancora in relazione con la persona che ci ha fatto un torto – o più di uno – e che – peggio ancora – pensiamo addirittura di aver perdonato (sì ciao.) ed è da qui che iniziano i guai.

Qui dentro sta l’inghippo, l’inceppamento dell’ingranaggio nel quale siamo tristemente incastrati. E, cosa ancora più allucinante, a rimetterci non sono loro ma siamo noi. Sì, perché il sabotaggio lo facciamo a noi e alla nostra vita, impedendoci di raggiungere sogni e desideri solo perché così possiamo indirettamente ferire chi, tempo addietro, ha ferito noi. Usiamo la vendetta come un’arma che, prima di tutto, rivolgiamo verso noi stessi, rischiando di ucciderci.

E’ un aspetto così sottile e appunto “sotterraneo” della vendetta che, lo confesso, non avevo mai notato. Però esiste, eccome se esiste! Il primo passo, come sempre, è accorgersene, e poi che si fa? Eh, con calma. Intanto si riconosce e poi, piano piano, si cerca di vederlo ogni volta che ci succede per provare ad intervenire e “liberare” i nostri desideri da questo giogo. Con pazienza, senza arrabbiarsi, però, e soprattutto senza vendicarsi!

“Perché cerchi tu la vendetta, o uomo! Con quale scopo tu la insegui? Credi tu di procurare dolore al tuo avversario con essa? Sappi che tu stesso sentirai il più più grande dei tormenti”.

Faraone Akhenaton (Tebe, 1375 a.C. circa – Akhetaton, 1334/1333 a.C. circa)

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