Mai come in questo momento sto sperimentando quanto sia difficile collaborare. Questa parola di per sé dice già tutto: lavorare insieme. E il principio dei grandi uffici, delle redazioni, dei ristoranti, degli ospedali e dei milioni di altri posti nei quali siamo più di uno a fare contemporaneamente nello stesso posto lo stesso mestiere, si presuppone tenti di riproporre nella pratica questo concetto. E invece no.
I posti dove siamo in più di uno a fare lo stesso mestiere, sono quelli più poveri di collaborazione. O è finalizzata a trarne profitto personale, o si attiva il meccanismo del tipo: tu mi chiedi aiuto e io faccio finta di non aver capito/sentito/potuto (il verbo ci si potrebbe mettere anche a caso). E allora mi sono chiesta: come mai succede questa cosa?
Dopo un po’ che ci pensavo mi s’è accesa una lampadina! Ma certo?! I Perché se chiediamo aiuto ad un collega, poi deve veramente mettersi a lavorare. In effetti, ripensandoci, non è difficilissimo… Il concetto del “si fa più tutti, così facciamo meno tutti”, proprio non è compreso. Impicciarsi sì, dare una mano… no!
La parte più divertente di tutte resta quella in cui vedi i colleghi arrampicarsi sugli specchi dopo aver fatto la fatidica richiesta: “Scusa, mi daresti una mano?!”. Sudore in fronte, occhi spalancati, bocca serrata, sguardo a piombare verso l’ignoto e attimo di immobilismo da “e ora che faccio??”. Momenti irripetibili… E dopo arriva la scarica di scuse dal retrogusto di bugia che si sente da qui all’Australia . Frasi banali, scontatissime, da manuale del perfetto sbolognatore: “guarda ora sono incasinato, poi oggi esco prima, sennò te lo facevo volentieri” oppure “sto già dando una mano a quell’altro, mi ha chiesto un favore poi sennò non ce la faccio”. E tu intanto mentre fai silenzio senti lo sfrigolìo delle unghie contro quegli enormi specchi e te ne vai con una grassa risata (interiore), pensando a quanto sarebbe bello collaborare se, oltre a farne una splendida parola, diventasse anche una gloriosa azione.
Mai dire mai.